IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza ex art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. Letta l'istanza del procuratore del ricorrente, di cui in epigrafe, con la quale viene formulata, all'udienza del 18 novembre 2005, l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, secondo comma, lettera d), d.lgs. n. 286/1998 in riferimento agli articoli 3, 29 e 30 della Carta costituzionale si osserva: la norma inficiata di illegittimita' costituzionale prevedeva nella sua originaria lettura, in diverse ipotesi, l'impedimento all'espulsione dal territorio dello stato, per ragioni di ordine pubblico, ex art. 13 ibidem, del cittadino extracomunitario tra cui quella della donna in stato di gravidanza ovvero della donna avente prole inferiore al sesto mese di vita. Successivamente, la Consulta, con la sentenza interpretativa d'accoglimento n. 376/2000, dichiarando, in parte qua, l'illegittimita' costituzionale della norma in questione, estendeva il divieto di estradizione al marito laddove si fosse in presenza della moglie incinta o di figlio avente la suddetta eta'. All'uopo, il Giudice delle leggi motivava la propria declatoria elevando a rango costituzionale il principio di mantenimento nonche' di protezione dell'unita' familiare, avuto riguardo in particolare alla posizione dei figli minori, anche in considerazione dei compiti assistenziali nonche' educativi gravanti su di entrambi i coniugi sancito, oltre che dalla nostra Carta fondamentale, anche da svariata legislazione internazionale tra cui la Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta' Fondamentali, resa esecutiva dalla legge n. 848/1955; l'art. 10 del Patto Internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e l'art. 23 del Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici del 1966, ratificati e resi esecutivi dalla legge n. 881/1977; gli artt. 9 e 10 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui Diritti del Fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla legge n. 176/1991. Ed invero, asseriva la Corte, dal complesso di queste norme, pur nella loro eterogeneita', emerge un principio, pienamente rinvenibile negli artt. 29 e 30 Cost., in base al quale alla famiglia deve essere riconosciuta la piu' ampia protezione ed assistenza sia nel suo momento formativo che nella prospettiva di ampliamento del suo nucleo originario nella prospettiva dei compiti educativi nonche' di supporto morale e materiale della prole di eta' minore che attendono la medesima. Tale assistenza e protezione, afferma il giudice di legittimita', paritetica per gli individui, siano essi cittadini italiani o stranieri, pur venendo, in considerazione, nella fattispecie, in un'ottica di tutela dell'ordine pubblico afferente la delicata questione della permanenza nel nostro territorio di soggetti extracomunitari, avendo riguardo a diritti fondamentali della persona umana i quali si esplicano nell'ambito di una formazione ancor prima naturale che giuridica quale il familiaris consortio postula una tutela adeguata nei riguardi della donna gravida nonche' di colei che ha partorito da non oltre sei mesi. Tuttavia, la medesima previsione omette di considerare quelle ulteriori esigenze del minore ovvero il suo diritto ad essere educato ed istruito in un nucleo familiare composto da entrambi i genitori. Circostanza, quest'ultima, cui si frappone in guisa ostativa il provvedimento d'espulsione cui e' destinatario il padre cosi' da porre il coniuge di sesso femminile nella drammatica alternativa di seguire il marito espulso od affrontare il parto ed i primi mesi di vita del figlio senza il sostegno dello stesso. Il tutto, conclude la Corte, in palese dispregio delle esigenze di tutela del nucleo familiare, ampliato dalla presenza della prole di minore eta', contemplate negli articoli 29 e 30 Cost. A difesa del superiore assunto il giudice ad quem ha citato l'autorevole precedente sancito nella sentenza n. 34/1991 laddove si afferma esistere un principio di paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura, all'istruzione ed all'educazione della prole, senza distinzione o separazione di ruoli tra uomo e donna bensi' con reciproca integrazione di essi in ragione del quale deve ritenersi costituzionalmente illegittima la norma de qua nella parte in cui non prevede un divieto di espulsione anche nei riguardi del marito convivente della donna incinta o di quella che abbia partorito da non oltre sei mesi ritenuto che la presenza del padre, nei momenti di cui trattasi, e' da ritenersi essenziale oltre che indefettibile. Tale prospettazione non nasce isolata piuttosto si innesta nel particolare favor familiae che ispira sia la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha gia' diuturnamente sottolineato, ex multis sentenza n. 179/1993, come numerose norme, a decorrere dagli anni `70, abbiano comportato attuazione dei valori costituzionalmente garantiti della parita' fra uomini e donne nonche' della funzione sociale della maternita' avuta attenzione ai superiori interessi del bambino come oggetto di tutela diretta quando non prevalente od esclusiva, sia lo stesso legislatore che, con la recente legge 8 marzo 2000, n. 52, Disposizioni per il sostegno della maternita' e della paternita', per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle citta', ha previsto speciali disposizioni a sostegno, oltre che della maternita', anche della paternita'. Ne discende, con evidenza, tuttavia, che, parificata la posizione del soggetto coniugato con donna in stato di gravidanza, o partoriente da non oltre sei mesi, con quella della consorte, il divieto di espulsione deve essere esteso anche al convivente more uxorio. Nondimeno, la Corte costituzionale pur nell'impareggiabile sforzo di equiparare la posizione del marito a quella del coniuge, pur non trattandosi di famiglia soggetta al vincolo formale del matrimonio disciplinato dal nostro ordinamento, anche perche' non investita della relativa questione, non ha potuto affrontare la quaestio de legittimate inerente la posizione del convivente more uxorio il quale, nell'ottica di protezione e di sostegno del nucleo familiare ribadita dalla richiamata sentenza, non dovrebbe sottrarsi ai benefici normativi nascenti dalla revisione applicativa dell'art. 19, seconda comma, lettera d, d.lgs. n. 268/1998. Ed invero, rebus sic stantibus, la non estensione del divieto di espulsione, nelle introdotte ipotesi, al convivente, rectius al soggetto non unito da formale legame matrimoniale, opera una palese ancorche' iniqua disparita' di trattamento tra individui sicuramente lesiva degli articoli 2, 3, 29, 30 e 3l Cost. da cui non puo' che discendere, in riferimento alle citate norme, l'ulteriore illegittimita' costituzionale, in parte qua, dell'articolo di cui trattasi. Infatti, non rendendo operativo l'impedimento all'espatrio de quo, si crea un evidente contrasto con le guarentigie costituzionali consacrate nelle indicate disposizioni. In primis, perche' si da un'errata lettura dell'art. 2 Cost. il quale, nel prevedere il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili della persona umana anche nell'ambito delle formazioni sociali, finisce cosi' per sottrarre da tale importante contesto associativo la c.d. famiglia di fatto vieppiu' in un momento, politico, sociale nonche' normativo in cui si va affermando, recisamente, l'equiparazione tra il nucleo familiare c.d. ufficiale e quello, di contro, fondato esclusivamente su legami naturali laddove, nondimeno, le esigenze di tutela dei conviventi non possono essere disattese. L'assunto meritevole di maggior pregio se si considera la posizione, in tale aggregazione di fatto, dei figli minori naturali per i quali, giova ribadirlo, l'art. 30 Cost. dispone che la legge assicuri ogni tutela giuridica e sociale simile a quella della famiglia legittima. Giusto nell'ottica di reinterpretazione del precetto costituzionale de quo, il giudice di legittimita' e' intervenuto con decisioni, per tutte la sentenza n. 79/1969, considerata una pietra miliare nel campo del diritto di famiglia, precursori della riforma epocale apportata nei relativi istituti dalla legge n. 151/1975 la quale ha sensibilmente innovato il regime familiare soprattutto nell'ambito dei rapporti con i figli minori i quali ancorche' naturali meritano parita' di trattamento con quelli legittimi. Inoltre, non puo' che ravvisarsi un patente contrasto con il principio di eguaglianza propugnato dall'art. 3 Cost. il quale fonda siffatta parita' di trattamento tra gli esseri umani, non piu' soltanto tra i cittadini secondo la lettera della norma, a prescindere dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche nonche' dalle condizioni personali e sociali. Segnatamente nell'ultima enucleazione si scorge l'esigenza che lo status personale degli individui, indi, nel caso di specie, la condizione di celibato o di connubio, non puo' determinare discriminazioni nell'esercizio dei diritti quale, in ipotesi, il divieto all'espulsione del cittadino extracomunitario dal nostro territorio. Ed ancora, il quadro di riferimento costituzionale fornito dagli articoli 29, 30 e 31, delinea la famiglia quale cellula primigenia della societa' primariamente fondata su legami naturali mutuati dallo ius romano quali la coabitatio e la maritalis affectio i quali si sottraggono al vincolo formale del matrimonio voluto dal diritto positivo ormai opportunamente sottomesso al principio di parificazione tra famiglia legittima e quella di fatto. Orbene, in tale prospettiva non puo' che venire in considerazione non soltanto l'esigenza di tutela del rapporto, sia giuridico che economico-sociale, tra i conviventi quanto piuttosto la protezione della prole, ancor piu' se di minore eta', la quale non puo' prescindere dal contributo di entrambi i genitori nel delicato compito educativo ed assistenziale. Nella fattispecie per cui e' cura, di contro, la mancata concessione al padre del beneficio della sospensione dell'espulsione fino al compimento del sesto mese di eta' del figlio oltre ad attentare all'unione dei conviventi, quantunque per un esiguo periodo, comporta, vieppiu', una situazione pregiudizievole nei confronti della prole la quale, palesemente discriminata rispetto al figlio legittimo cosi' da determinare un odioso privilegio, non puo' beneficiare in un momento fondamentale della crescita, ovvero il primo semestre, della figura del genitore di sesso maschile. Infine, il secondo alinea art. 31 Cost., nell'enunciare il principio di protezione della maternita', favorendo, pedissequamente, gli istituti necessari a tale scopo, non puo' che adeguare il proprio disposto alla mutata realta' costituzionale, c.d. Costituzione materiale, per come operato dalle pronunce della Consulta nonche' dalle riforme normative, in guisa da parificare la condizione di maternita' a quella di paternita'. Pertanto, ne discende, inequivocabilmente, il contrasto dell'art. 19, secondo comma, lettera d, d.lgs. n. 268/1998 con gli articoli 2, 3, 29, 30 e 31 Cost. il cui disposto e' da ritenersi illegittimo nella parte in cui non estende al padre naturale, cittadino extracomunitario, il beneficio della sospensione del provvedimento di espulsione in ipotesi di convivente in stato di gravidanza ovvero in presenza di prole dall'eta' infrasemestrale contrariamente a quanto gia' disposto dalla sentenza della Consulta n. 376/2000 la quale ha infirmato la medesima norma laddove non equiparava, nel riconoscimento del diritto de quo, la figura della madre a quella del padre legittimo. La questione di legittimita' costituzionale sollevata da parte ricorrente, indi, si rivela non manifestamente infondata. In ordine alla rilevanza della stessa nell'ambito del giudizio a quo si osserva che la risoluzione della controversia non puo' prescindere dall'applicazione della norma inficiata. Peraltro, gi diverse corti di merito, ex multis Tribunale di Torino, ordinanza del 10 marzo 2004, in atti, hanno offerto un'opzione ermeneutica anticipatrice dell'eventuale declaratoria di illegittimita' estendendo al convivente more uxorio il divieto di cui trattasi. Invero, in punto di fatto, si rappresenta, per come comprovato dall'allegata documentazione, che l'odierno ricorrente Costantin Romeo convive da diversi anni con Dobru Georgeta Irina dalla cui unione sono nate ad Udine, in data 24 aprile 2005, tre figlie riconosciute dal padre naturale con i nomi di J., J. e J. Sussistono, di conseguenza, i presupposti per l'applicazione dell'art. 19, secondo comma, lettera d, d.lgs. n. 268/1998, innovato dall'emananda declaratoria di illegittimita', atteso che i figli minori non hanno ancora compiuto il sesto mese di eta'.